Alcune settimane fa è stato isolato e transennato in piazza San Vitale, in pieno centro storico, il palazzo appartenuto alla famiglia Di Iorio e poi Bruno. Un atto dovuto alla necessità di tutelare l’incolumità dei cittadini, poiché le lesioni e le infiltrazioni d’acqua, non solo recenti, stavano compromettendo la statica dell’edificio, che dunque in mancanza di interventi potrebbe anche parzialmente crollare.
E’ l’ennesimo colpo al piccolo ma importante borgo di età medievale e moderna di San Salvo, che di demolizioni e di crolli ne ha subiti tanti, anche nell’ultimo decennio.
Circa un anno fa, nelle vicinanze,
al II vico di piazza San Vitale, per incuria era crollato un bel seminterrato cinquecentesco impostato su pilastri reggenti volte a crociera in laterizio. Poiché i pochissimi seminterrati o edifici cinquecenteschi rimasti sono a loro volta in abbandono e in stato di degrado, un possibile crollo del palazzo Di Iorio-Bruno non solo segnerebbe la fine di quel poco che è scampato alla distruzione de “i nuovi barbari” ma renderebbe del tutto irriconoscibile il borgo più antico di San Salvo nella sua identità storico-architettonica.
Non dimentichiamo che questo palazzotto, che fronteggia il lato settentrionale della Chiesa di San Giuseppe (già chiesa del monastero di Santo Salvo) campeggia in quasi tutte le fotografie d’epoca che ritraggono la facciata e il campanile della medesima San Giuseppe.
Secondo lo storico londinese Andrew Slade, la famiglia Di Iorio era originaria dell’area della Maiella, forse della zona di Torricella Peligna, e si sarebbe stabilita a San Salvo a seguito della transumanza lungo il tratturo L’Aquila-Foggia o, più verosimilmente, per aver a lungo usufruito dei pascoli invernali detti “a Stucco”, che San Salvo metteva a disposizione dei pastori abruzzesi che svernavano lungo la fascia costiera.
La parte originale cinquecentesca dell’edificio è costituita dal piano terra (in parte seminterrato) e dal primo piano. La sua facciata è contenuta tra due marcate lesene in laterizio, tipiche dell’epoca; il portale è anch’esso coevo e (sebbene incrostato di cemento) costituisce l’ultimo esempio di portale rinascimentale ancora presente a San Salvo. Il secondo piano è invece solo una sopraelevazione o superfetazione di fine Ottocento/primo Novecento, in uno stile di transizione dal neoclassico al liberty, che si potrebbe sia mantenere che demolire (essendo il più compromesso dalle infiltrazioni di acqua piovana). Interessante è anche la parte retrostante, su via Martiri d’Ungheria, dove si evidenziano bene sia la struttura muraria (in pietra di fiume spaccata e ricorsi di mattone pieno) che le caratteristiche finestre o finestrelle rinascimentali.
Nella normativa del Piano di Recupero Centro Storico del 2001, il palazzo Di Iorio-Bruno è considerato tra gli “edifici di particolare interesse architettonico” dunque suscettibile solo di interventi di “manutenzione esterna e restauro”. In occasione dell’approvazione del Piano, il Comune di San Salvo aveva peraltro manifestato l’intenzione di acquisire l’edificio, di restaurarlo e poi di adibirlo a uffici o a luogo di rappresentanza. In dieci anni, gli amministratori sono stati in grado solo di acquistare il bene senza finanziare e promuovere alcun progetto di recupero funzionale.
Il seguito lo vedremo presto, nei prossimi mesi, se cioè si farà qualcosa per salvare l’edificio e conservarlo oppure lo si abbandonerà al crollo (magari cantandoci sopra “Sande Salve belle!”) per poi sostituirlo con l’ennesima stucchevole riedificazione kitsch.
Giovanni Artese
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