RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO: In merito alla discussione aperta dal gruppo dei “Democratici per San Salvo” che propongono di sostituire la Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) con la Tia (Tariffa di igiene ambientale), intervengo sull’argomento con l’intento di favorire ulteriori spunti di riflessione su questa importante materia.
Il gruppo dei “Democratici per San Salvo” ritiene che con l’adozione della Tia si andrebbe in direzione di maggiore equità del costo, perché mentre la Tarsu si basava solo sui metri quadri dell’abitazione con la Tia vengono aggiunti anche altri parametri, come il numero di persone che ci abitano, in modo da ottenere una tariffa meno cara per chi produce meno rifiuti. Con questa tariffa ci sarà un minor aggravio fiscale per diverse categorie più svantaggiate come gli anziani o i disoccupati e anche per chi risiede in abitazioni di dimensioni ridotte.
Noi dell’IDV, invece, pensiamo che l’adozione della Tia al posto della Tarsu possa avere come risultato un aggravio di circa il 15% dei costi per le utenze domestiche, in quanto i maggiori produttori di rifiuti sono proprio i cittadini. La Tia, infatti, non è un tributo ma un corrispettivo soggetto ad IVA al 10%, che quindi implica maggiori esborsi per gli utenti del servizio, soldi che, fra l’altro, non vanno a finire nelle casse comunali ma in quelle dello Stato, che mi chiedo se meriti questo “regalo”. Inoltre la Tia avrebbe anche il non trascurabile svantaggio di far gravare maggiori costi sulle famiglie numerose, spesso monoreddito, e visto il momento difficile per l’economia del nostro territorio, non ci sembra la migliore delle scelte.
In pratica, con l’applicazione della Tia un avvocato pagherebbe sicuramente molto meno per il suo studio (produce solo carta come rifiuto), e anche le grandi industrie, che hanno milioni di fatturato, ne beneficerebbero, considerando l’ampiezza degli uffici e lo smaltimento in proprio, ma un fruttivendolo o un ristoratore, invece, si troverebbero di fronte ad esborsi impensabili in regime di Tarsu, e anche per le famiglie, come già detto, la Tia, per come è attualmente configurata, non offrirebbe benefici.
D’altra parte se la Tia è stata inserita nel cosiddetto Decreto Ronchi nel 1997 e fino ad oggi non si è ancora arrivati ad applicarla in maniera diffusa, è proprio perché l’impresa si presenta più che ardua. Con la Tia, infatti, si perderebbero anche tutti gli strumenti che il diritto tributario offre all’ente locale per il recupero delle somme non versate con aggravio dei costi di riscossione. Per non parlare della gestione degli abbattimenti d’imposta proporzionali alla differenziazione.
Questo non vuol dire che la Tia sia da buttare via, ma è certamente da rivedere. Quindi non possiamo far altro che aspettare fiduciosi il regolamento previsto dall’art.238 (Tia 2) del D.Lgs. 152/2006 (Norme in materia ambientale) e stare a vedere cosa ci propone il legislatore per la nuova Tia, al momento ancora in cantiere, che soppianterà la norma in tal senso contenuta nel decreto Ronchi del ’97, la cui applicazione oggi, pertanto, non avrebbe molto senso.
Il gruppo dei “Democratici per San Salvo” ritiene che con l’adozione della Tia si andrebbe in direzione di maggiore equità del costo, perché mentre la Tarsu si basava solo sui metri quadri dell’abitazione con la Tia vengono aggiunti anche altri parametri, come il numero di persone che ci abitano, in modo da ottenere una tariffa meno cara per chi produce meno rifiuti. Con questa tariffa ci sarà un minor aggravio fiscale per diverse categorie più svantaggiate come gli anziani o i disoccupati e anche per chi risiede in abitazioni di dimensioni ridotte.
Noi dell’IDV, invece, pensiamo che l’adozione della Tia al posto della Tarsu possa avere come risultato un aggravio di circa il 15% dei costi per le utenze domestiche, in quanto i maggiori produttori di rifiuti sono proprio i cittadini. La Tia, infatti, non è un tributo ma un corrispettivo soggetto ad IVA al 10%, che quindi implica maggiori esborsi per gli utenti del servizio, soldi che, fra l’altro, non vanno a finire nelle casse comunali ma in quelle dello Stato, che mi chiedo se meriti questo “regalo”. Inoltre la Tia avrebbe anche il non trascurabile svantaggio di far gravare maggiori costi sulle famiglie numerose, spesso monoreddito, e visto il momento difficile per l’economia del nostro territorio, non ci sembra la migliore delle scelte.
In pratica, con l’applicazione della Tia un avvocato pagherebbe sicuramente molto meno per il suo studio (produce solo carta come rifiuto), e anche le grandi industrie, che hanno milioni di fatturato, ne beneficerebbero, considerando l’ampiezza degli uffici e lo smaltimento in proprio, ma un fruttivendolo o un ristoratore, invece, si troverebbero di fronte ad esborsi impensabili in regime di Tarsu, e anche per le famiglie, come già detto, la Tia, per come è attualmente configurata, non offrirebbe benefici.
D’altra parte se la Tia è stata inserita nel cosiddetto Decreto Ronchi nel 1997 e fino ad oggi non si è ancora arrivati ad applicarla in maniera diffusa, è proprio perché l’impresa si presenta più che ardua. Con la Tia, infatti, si perderebbero anche tutti gli strumenti che il diritto tributario offre all’ente locale per il recupero delle somme non versate con aggravio dei costi di riscossione. Per non parlare della gestione degli abbattimenti d’imposta proporzionali alla differenziazione.
Questo non vuol dire che la Tia sia da buttare via, ma è certamente da rivedere. Quindi non possiamo far altro che aspettare fiduciosi il regolamento previsto dall’art.238 (Tia 2) del D.Lgs. 152/2006 (Norme in materia ambientale) e stare a vedere cosa ci propone il legislatore per la nuova Tia, al momento ancora in cantiere, che soppianterà la norma in tal senso contenuta nel decreto Ronchi del ’97, la cui applicazione oggi, pertanto, non avrebbe molto senso.
Nessun commento:
Posta un commento