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venerdì 21 ottobre 2011

LE RIFLESSIONI DI GIOVANNI ARTESE

La nostra analisi sull’attività delle amministrazioni di centrosinistra, nel periodo 1994-2011 a S. Salvo, prosegue con questo articolo riguardante la gestione del territorio e le politiche ambientali. A voler essere schematici è possibile affermare da subito che il periodo in oggetto si è caratterizzato per l’empirismo e la scarsa lungimiranza nella gestione del territorio e per l’affannosa rincorsa ad arginare le emergenze di volta in volta emerse in tema ambientale.
Nonostante la città e la sua Marina siano cresciute in popolazione (dai 16.144 abitanti del 1994 ai 19.389 del 2010) e nell’area urbanizzata (da circa 210 ettari del 1981 agli oltre 400 del 2011) sono rimasti, infatti, sostanzialmente irrisolti i problemi del rapporto tra S. Salvo alta e la sua Marina, tra Centro storico cittadino e periferie urbane, mentre le relazioni con i vicini comuni di Vasto, Cupello e Montenero nulla o quasi hanno prodotto in termini di pianificazione delle infrastrutture e dell’urbanizzazione del comprensorio. A questo proposito, dopo tanta aria fritta sulla cosiddetta “Area Metropolitana Vasto-S. Salvo”, i Sindaci delle due località sono arrivati a litigare su diverse questioni: in ultimo, per un paventato megaprogetto di insediamento residenziale, da parte di Vasto, nell’area del Villaggio SIV (a ridosso del territorio di S. Salvo) e per il danno creato dalla immondizia che i sansalvesi vanno a scaricare di notte a Piano di Marco o a Colle Pizzuto (cioè in agro di Vasto).
Tornando al territorio comunale di S. Salvo (di appena 1961 ettari), la “zonizzazione” troppo rigida del Piano Regolatore Generale del 1980 ha continuato a condizionare sensibilmente la realtà economica e sociale locale. La Zona industriale divide tuttora Città alta e Marina, anzi la barriera è stata rafforzata con l’insediamento del Centro di distribuzione CONAD sotto S. Salvo, che avrebbe potuto essere meglio collocato nei pressi o dentro l’Autoporto (una struttura, questa, costata oltre 30 milioni di euro ma obsoleta e lasciata nell’abbandono) oltretutto prossimo allo svincolo autostradale Vasto-Sud. Il terreno di Piana della Chiesa, sotto S. Salvo, in tal caso avrebbe potuto essere svincolato dalla Zona industriale e attrezzato a verde pubblico, un grande parco che S. Salvo non ha mai avuto, oppure destinato a Centro Direzionale.
Anche la scelta, fatta con il PRG, di collocare l’Area Commerciale a ridosso di quella industriale - area infrastrutturata e realizzata nel periodo di cui ci occupiamo - alla fine non ha premiato né S. Salvo né la sua Marina, sicché il discorso portato avanti dai sindaci del periodo circa una “ricucitura” tra la Città alta e la Marina è rimasto tutto sulla carta (S. Salvo Marina, che nel frattempo si è saldata nell’edificato con le Marine di Vasto e Montenero, adesso guarda con più interesse ad un rapporto con Vasto che con S. Salvo).
Quanto all’espansione urbanistica e al recupero architettonico sia della Città alta che della Marina, per ovviare ai limiti del PRG si è fatto ricorso ad una Variante al PRG nonché alla stesura di piani particolareggiati e di lottizzazioni (in particolare nel periodo 2000/2002) che, nelle previsioni, avrebbero dovuto favorire gli investimenti privati e pubblici e migliorare la qualità del costruito e della vivibilità più in generale. Ma anche in questo caso i risultati sono stati deludenti. L’esempio più emblematico riguarda il Piano particolareggiato (o Piano di recupero) del Centro storico cittadino (argomento già affrontato), che in dieci anni di applicazione ha portato sì a notevoli investimenti in quell’area ma con il risultato di stravolgerne l’identità storica e architettonica e di ridurne la frequentazione di turisti e cittadini.
L’approssimazione si evidenzia anche nelle aree di espansione urbana. Se guardiamo alla parte nuova della città, a quartieri del tipo Colle Pagano, possiamo infatti notare l’inadeguatezza della rete viaria e l’insufficienza dei servizi, a cominciare dal verde pubblico e dai parcheggi.
Per decenni i “compagni” hanno bollato le amministrazioni democristiane come incapaci di programmare lo sviluppo urbanistico e di migliorare la qualità della vita negli abitati di S. Salvo e della Marina: ma poi, in 17 anni di governo comunale, non pare siano riusciti a fare meglio, con l’aggravante che gli errori del passato potevano essere studiati ed evitati. C’è oggi, persino dentro la sinistra, chi rimpiange una programmazione modello 167, un quartiere dove almeno le strade sono larghe e il problema dei parcheggi risolto (tant’è vero che ci si fa il Mercato cittadino e che vi è stato trasferito il Poliambulatorio!).
L’unica nota positiva ha riguardato l’allargamento della sede stradale di corso Garibaldi, a seguito di un dibattito avviato in città sul finire degli anni ‘90 e di proposte recepite dagli amministratori, cui sono seguiti, più tardi, gli allargamenti di tratti di via Trignina e via Istonia e di via S. Rocco. Interventi questi, che almeno hanno evitato che il traffico automobilistico potesse arrivare a congestionare la Città alta.
Non dimentichiamo inoltre che, nella seconda metà degli anni ‘90, si era auspicata un’area fiera a ridosso di S. Salvo Marina. Si era pensato ad un acquisto del vecchio Casino Nasci, da restaurare e trasformare in albergo e centro congressuale, e dell’area a sud del medesimo, per allocarvi le strutture fieristiche. Si era anche tentata una prima iniziativa prefieristica alla Marina, denominata “Aria Aperta”, una manifestazione che avrebbe dovuto costituire una vetrina per la valle del Trigno e i suoi prodotti nonché attivare un proficuo rapporto mare-montagna. Come è noto, non solo l’area fieristica è rimasta un miraggio ma “Aria aperta” ha chiuso i battenti non più di un anno e mezzo fa.
In conclusione, il tentativo di sottrarre la Città alta al ruolo di “città dormitorio” è in buona parte fallito così come è fallito il parallelo tentativo di ridimensionare il ruolo egemone di Vasto sul territorio come centro di riferimento per i Comuni dell’entroterra in quanto erogatore di servizi (pensate che le scuole superiori di S. Salvo, 6/7 anni fa, erano scese a 390 alunni con il rischio che si perdessero l’autonomia e la Presidenza! E che solo l’Istituzione del Liceo Scientifico, fortemente voluto dai Presidi e dai docenti dell’ITC e dai genitori dei ragazzi, ha evitato questo!).

Ancora peggiore è il bilancio della politica ambientale. “La prima monnezza” è quella che si è accumulata a partire dal 1992, quando fu aperta, per volontà della Regione Abruzzo, in contrada Motticce di S. Salvo, una discarica del CONIV (una società mista, che poi avrebbe gestito anche gli impianti di potabilizzazione delle acque del Trigno e di depurazione delle acque fognarie di Vasto-S. Salvo) per accogliere rifiuti tossici, nocivi e speciali prodotti nell’ambito del Consorzio di Industrializzazione del Vastese, in base al sano principio: ognuno gestisca la propria spazzatura. Nel 1996 la discarica CONIV otteneva dalla Regione una proroga di altri 4 anni, quando però la stessa opinione pubblica si era resa conto che il traffico di rifiuti industriali e dei servizi proveniva anche da altre regioni dell’Italia. Nel frattempo entrava in funzione un’analoga discarica gestita dalla SAPI, in contrada del Pencio, mentre la ex discarica comunale, alle Motticce, rimaneva del tutto abbandonata. Nel 1998, nasceva così un Comitato antidiscariche all’ITC e, nel 1999, un “Comitato per la difesa dell’ambiente” cittadino, che chiedevano la chiusura delle discariche industriali e la bonifica di quella comunale. Il Sindaco e l’amministrazione in carica si distinguevano per la difesa dello status quo e per i tentativi di rassicurare la popolazione con argomenti poco credibili. Ma se il CONIV e la SAPI non chiudevano alla data di scadenza della concessione (nel 2000) l’anno dopo sarebbero stati costretti a farlo per la saturazione delle vasche (solo il CONIV aveva accumulato oltre 110.000 mc di rifiuti tossici, nocivi e speciali).
Con il senno di poi possiamo dire che nonostante tali siti destino a tutt’oggi gravi preoccupazioni per possibili perdite di percolato, inquinamento delle falde e per i puntuali e ripetuti incendi estivi (la ex discarica comunale non è mai stata bonificata a fronte di una delibera del 2000 che impegnava l’amministrazione) quella lotta, impedendo ulteriori proroghe nelle concessioni, ha evitato almeno che S. Salvo divenisse una nuova “Gomorra”. E’ di non troppi mesi fa la notizia di un intervento della magistratura e di arresti di dirigenti del COSIB, nel basso Biferno. Qui era stata creata una discarica simile a quella di S. Salvo, che ha ricevuto rifiuti industriali anche da fuori Molise e che poi in parte sono andati a finire sui terreni agricoli (si parla di 200 ettari inquinati) mentre i fanghi da depurazione (nell’inchiesta è stata coinvolta anche la struttura di depurazione di Vasto-S. Salvo) spesso sono stati dispersi in mare, al largo di Termoli.
“L’ultima monnezza” è quella prodotta, di recente, dall’impatto con l’avvio della raccolta differenziata, una misura certo indispensabile per gestire meglio il ciclo dei rifiuti e per risparmiare sui costi di smaltimento ma, come al solito, decisa e applicata dall’alto senza un sufficiente coinvolgimento dei cittadini. A parte la notevole carta stampata e la pubblicità prodotte (che poi quanta gente legge?) è mancato un lavoro porta a porta per guidare i cittadini a bene differenziare i rifiuti e per indirizzarli all’utilizzo dell’isola ecologica (dove, infatti, non è possibile portare di tutto). Fare la differenziata inoltre costa tempo e il cittadino che non è paziente né responsabile, neppure incentivato da una riduzione della tassa rifiuti, può essere tentato, come è avvenuto, di ricorrere alle scorciatorie. Così, mentre il Sindaco di S. Salvo annunciava di aver raggiunto in breve il 65% di differenziata, le strade che vanno da S. Salvo verso Cupello, Vasto e Montenero venivano bordate da buste e sacchi di rifiuti di ogni tipo; e le fasce verdi della Zona industriale diventavano sede di innumerevoli microdiscariche, un fenomeno non nuovo ma dall’entità assai maggiore che in passato.
Almeno il Sindaco di Vasto alcune settimane fa ha chiaramente affermato di non essere soddisfatto per il 35% di differenziata - attiva per oltre 16.000 abitanti- raggiunto a Vasto (contro il 60% atteso) e, irritato per l’abbandono in strada dei rifiuti, ha ordinato controlli a tappeto e multe all’occorrenza denunciando che persino “titolari di attività non fanno la differenziata”.
Dunque a che serve portare ogni anno i bambini a ripulire (con la campagna di Legambiente “Puliamo il mondo”) determinati siti se poi l’anno dopo questi sono ancora più sporchi e degradati? E poi perché i bambini e non i vertici del PD e del PdL, che dovrebbero vedere e toccare da vicino queste meraviglie italiane? Lasciamo almeno stare i bambini, che, per essere educati, hanno bisogno di esempi positivi e non di raccogliere la monnezza sparsa dai grandi.
In mezzo a queste due emergenze ce ne sono state altre: come la “nube tossica” e la problematica relativa all’inquinamento dell’aria. Ciò ha indotto la Regione Abruzzo “in considerazione dell’alto rischio ambientale presente nell’area” a istituire, dopo il 1998, a S. Salvo un dipartimento sub-provinciale dell’ARTA. Nel caso della “nube tossica” si è arrivati anche ad un processo, dove il Comune di S. Salvo non si è dichiarato neppure parte civile; per cui la causa, dopo le prime condanne, è finita con le rituali assoluzioni degli inquisiti. Eppure quella vicenda procurò danni a diversi lavoratori delle aziende industriali di Piana della Chiesa e Sant’Angelo. Quanto alla qualità dell’aria, il periodo di monitoraggio con centraline, prima del 2008, pur nella limitatezza delle sostanze e della continuità temporale, aveva evidenziato, secondo l’Associazione Porta Nuova di Vasto, livelli alti per gli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) e preoccupanti per gli Ossidi di Azoto e l’Ozono troposferico. Ma, dall’ottobre 2008, sta andando ancora peggio perché il monitoraggio è semplicemente cessato, per mancanza di fondi. Solo di recente la Regione Abruzzo ha deciso di rifinanziare alcune attività di monitoraggio, affidandole al Mario Negri Sud, mentre l’Abruzzo non pare - tra le poche regioni italiane - essersi dotata di un registro dei tumori (importante per capire la diffusione delle tipologie e i possibili rapporti con l’ambiente locale).
Venendo infine alle aree verdi, possiamo dire che se ne sono create solo di piccole o piccolissime o addirittura, come nel caso di via M. D’Azeglio (per circa 220.000 euro nel 2001/2002), di finte aree verdi che in realtà vengono utilizzate come parcheggi. Infatti, gli interventi di maggior spessore (due delle quali da 600.000 e 300.000 euro), hanno riguardato la Villa Comunale, un’area creata da un’amministrazione DC negli anni Sessanta del ‘900 colmando un vallone con terra di riporto, dove ci si è divertiti a piantare e spiantare alberi, modificare aiuole, panchine e percorsi stradali o pedonali e infine a costruire “monumenti” che dovrebbero dare lustro e posterità al regime. Una città di 19.000 abitanti certo meritava una nuova Villa Comunale oppure che si risparmiassero i milioni di euro spesi nel vano tentativo di migliorare quella esistente.
Per concludere, introduciamo un’altra nota positiva, ma non troppo: quella riguardante l’istituzione del Biotopo costiero o “Giardino Botanico Mediterraneo” alla Marina. Dotato di uno stanziamento iniziale di 900 milioni di lire, poi rifinanziato, il biotopo costituisce un giardino artificiale e non naturale (è sorto con spianamenti e utilizzo di terra da riporto, come onestamente ammesso sul sito www.giardinomediterraneo.org) e con l’intento di far ricolonizzare la spiaggia dalla tipica vegetazione dunale. Il suo valore sta dunque soprattutto nella funzione di centro di monitoraggio e ricerca sulla flora e la fauna degli ecosistemi acquatici. Un ruolo che purtroppo solo in alcune fasi è riuscito a svolgere con successo (quando vi si tenevano persino dei master universitari) e che ora rischia di ridursi a quello di pura vetrina delle politiche ambientali comunali.
Vi sarebbero altri interventi meritevoli di trattazione (scarichi in mare dei fossi Buonanotte e del Mulino, acque marine e bandiere blu, cave di inerti, ferrovia abbandonata a servizio della zona industriale, pista ciclabile ecc.) ma è chiaro che non possiamo abusare della pazienza dei lettori, anche perché non modificherebbero assolutamente il giudizio complessivo già espresso all’inizio dell’articolo.
Nel prossimo, ci occuperemo di opere pubbliche.
San Salvo, 20.10.2011
Giovanni Artese

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